Karim Rashid, poliedrico ed eccentrico designer di fama mondiale, ha progettato per B—Line Hoop, Woopy e Gemma, tre sedute eclettiche, testimoni del suo originale talento e di uno stile inconfondibile.

La sua posizione di fronte alle restrizioni e alle incertezze contingenti è matura e filosofica: a parlare è più l’uomo che l’artista, un uomo che si sente parte di un mondo che va protetto, in cui i rapporti sociali e professionali hanno ancora valore ed in cui l’emergenza attuale è spunto per riflettere su temi importanti e forse, come auspica lui stesso, anche occasione per diventare persone migliori su un pianeta più sano.
Ancora una volta Karim dà prova della sua profonda sensibilità.
Qual è il tuo stato emotivo e come stai vivendo questo periodo dal punto di vista personale e professionale?
Stare in casa durante la pandemia rappresenta per molti un momento per rallentare, riconsiderare la propria esistenza, riflettere e rivalutarne il significato. Con i pochi impegni che ho e senza un programma definito, ho un bisogno personale e costante di creare. Disegno per almeno due ore al giorno più o meno. Mi sistemo nel mio piccolo e modesto ufficio di casa circondato da colore ed energia visiva, tiro fuori della carta e inizio a disegnare.
Idealmente questa epidemia è un campanello d’allarme di madre natura che ci chiede di consumare meno e di rallentare, godendo e apprezzando di più la nostra vita. E’ venuta per ripulire il mondo, per incentivare la produzione a livello locale, per un’agricoltura territoriale e responsabile, per interrompere l’allevamento di bestiame, per mettere al mondo meno figli, per espandere il lavoro digitale e ridurre gli spostamenti, per eliminare tossine, per porre fine ai disordini politici e rivedere le spese della politica, per smettere di sprecare carta, per dire basta a guerre ed investimenti militari, per rispettare la terra e non prelevare petrolio e alberi e per il rispetto e l’amore tra gli uomini. Per diffondere l’amore globale non solo tra noi, ma anche verso l’ambiente e l’ecosistema.

Per quanto riguarda il lavoro invece com’è cambiato l’approccio ai nuovi progetti?
Sono passato dai 50 progetti che ho di solito a 5. E quei pochi progetti sono già tutti praticamente pronti. Tutto ad un tratto, non ho più niente da fare. Così ho deciso di progettare un edificio a settimana, una lampada a settimana, una sedia a settimana. Sono così abituato ad essere assurdamente occupato! Ma ora, sulla base della situazione attuale, ho il tempo di concepire e percepire il nostro futuro collettivo.

È cambiato in generale il modo di progettare e il rapporto con le aziende?
Nonostante le distanze, la collettività sta diventando più collaborativa e più disponibile e così anche le aziende. Gli incontri attraverso Zoom, Cysco, Skype, ecc. permettono un contatto più personale con i clienti e con il personale, cosa che non esisteva quando si comunicava da dietro il velo o per e-mail. Si avverte una collaborazione più ravvicinata. Si sa che il capitalismo è una macchina inarrestabile e che si è creato un desiderio artificiale di crescita continua, ma potremmo avere un’economia stabile che offre posti di lavoro e una certa qualità di vita senza per forza generare crescita. Cosa c’è di sbagliato in una piccola impresa che decide di rimanere piccola? Perché i grandi gruppi devono generare ogni anno una crescita di almeno il 5% per gli azionisti? Rallentiamo e facciamo meno, consumiamo meno, prendiamoci cura di noi stessi e degli altri e sosteniamo il pianeta.