B—Line è un’azienda specializzata in arredamento di design che, fin dagli esordi, affianca prodotti contemporanei ad evergreen del passato, come il famoso Boby di Joe Colombo.
Progetti concreti, trasversali e flessibili frutto di collaborazioni con designer internazionali e di produzione esclusivamente italiana.
B—Line è un’azienda nata dalla volontà del suo fondatore Giorgio Bordin di ridare vita ad alcune icone storiche del panorama italiano del design. Si tratta di opere scomparse nel corso degli anni e sopraffatte dall’inarrestabile fermento di un mercato fertile di novità. Tra i prodotti rieditati, alcuni sono passati alla storia contaminando il design e l’arte su più fronti, come il famoso Boby di Joe Colombo.
Fin dagli inizi, B—Line affianca alle proprie riedizioni complementi d’arredo contemporanei, frutto di collaborazioni con designer internazionali. Progetti concreti, fruibili e trasversali che hanno l’onere e l’onore di convivere con i grandi capisaldi del design e di convincere in termini di carattere e stile per passare con naturalezza da ambienti domestici a spazi lavorativi e da interno a esterno, zone sempre più ibride e mutevoli come vuole lo stile di vita contemporaneo.
La visione globale di Karim Rashid oltre le barriere del Covid
24 Novembre 2020

Karim Rashid, poliedrico ed eccentrico designer di fama mondiale, ha progettato per B—Line Hoop, Woopy e Gemma, tre sedute eclettiche, testimoni del suo originale talento e di uno stile inconfondibile.

La sua posizione di fronte alle restrizioni e alle incertezze contingenti è matura e filosofica: a parlare è più l’uomo che l’artista, un uomo che si sente parte di un mondo che va protetto, in cui i rapporti sociali e professionali hanno ancora valore ed in cui l’emergenza attuale è spunto per riflettere su temi importanti e forse, come auspica lui stesso, anche occasione per diventare persone migliori su un pianeta più sano.

Ancora una volta Karim dà prova della sua profonda sensibilità.

Qual è il tuo stato emotivo e come stai vivendo questo periodo dal punto di vista personale e professionale?

Stare in casa durante la pandemia rappresenta per molti un momento per rallentare, riconsiderare la propria esistenza, riflettere e rivalutarne il significato. Con i pochi impegni che ho e senza un programma definito, ho un bisogno personale e costante di creare. Disegno per almeno due ore al giorno più o meno. Mi sistemo nel mio piccolo e modesto ufficio di casa circondato da colore ed energia visiva, tiro fuori della carta e inizio a disegnare.

Idealmente questa epidemia è un campanello d’allarme di madre natura che ci chiede di consumare meno e di rallentare, godendo e apprezzando di più la nostra vita. E’ venuta per ripulire il mondo, per incentivare la produzione a livello locale, per un’agricoltura territoriale e responsabile, per interrompere l’allevamento di bestiame, per mettere al mondo meno figli, per espandere il lavoro digitale e ridurre gli spostamenti, per eliminare tossine, per porre fine ai disordini politici e rivedere le spese della politica, per smettere di sprecare carta, per dire basta a guerre ed investimenti militari, per rispettare la terra e non prelevare petrolio e alberi e per il rispetto e l’amore tra gli uomini. Per diffondere l’amore globale non solo tra noi, ma anche verso l’ambiente e l’ecosistema.

Per quanto riguarda il lavoro invece com’è cambiato l’approccio ai nuovi progetti?

Sono passato dai 50 progetti che ho di solito a 5. E quei pochi progetti sono già tutti praticamente pronti. Tutto ad un tratto, non ho più niente da fare. Così ho deciso di progettare un edificio a settimana, una lampada a settimana, una sedia a settimana. Sono così abituato ad essere assurdamente occupato! Ma ora, sulla base della situazione attuale, ho il tempo di concepire e percepire il nostro futuro collettivo.

È cambiato in generale il modo di progettare e il rapporto con le aziende?

Nonostante le distanze, la collettività sta diventando più collaborativa e più disponibile e così anche le aziende. Gli incontri attraverso Zoom, Cysco, Skype, ecc. permettono un contatto più personale con i clienti e con il personale, cosa che non esisteva quando si comunicava da dietro il velo o per e-mail. Si avverte una collaborazione più ravvicinata. Si sa che il capitalismo è una macchina inarrestabile e che si è creato un desiderio artificiale di crescita continua, ma potremmo avere un’economia stabile che offre posti di lavoro e una certa qualità di vita senza per forza generare crescita. Cosa c’è di sbagliato in una piccola impresa che decide di rimanere piccola? Perché i grandi gruppi devono generare ogni anno una crescita di almeno il 5% per gli azionisti? Rallentiamo e facciamo meno, consumiamo meno, prendiamoci cura di noi stessi e degli altri e sosteniamo il pianeta.